BATTI IL TUO TEMPO: una guida ai problemi sull'orario di lavoro nelle coop sociali per contrastare la flessibilità dell'orario di lavoro e la precarietà salariale nel no profit

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BATTI IL TUO TEMPOALCUNE DOMANDE E ALCUNE RISPOSTE SULL’ORARIO DI LAVORO nelle cooperative sociali

Una premessa

 

Le cooperative sociali sono uno pezzo fondamentale della privatizzazione dei servizi socio-sanitari-assistenziali. Questo processo ha radice nella volontà dei vari Governi e degli Enti Pubblici di abbassare le spese per la gestione dei servizi e nello stesso tempo spostare ingenti risorse dal pubblico al privato (in questo caso il cosiddetto privato sociale).

 

La riduzione dei costi passa soprattutto attraverso la riduzione del costo del lavoro, quindi dei salari degli operatori, ma questo non avviene solo in maniera diretta con paghe orarie misere ma anche attraverso una gestione dell’orario di lavoro particolare, molto flessibile e precaria.

 

Questa gestione tristemente “allegra” dei turni, delle indennità, del lavoro su chiamata, ecc… a volte trova la propria legittimità nei contratti collettivi nazionali o integrativi firmati ad hoc da CGIL-CISL-UIL, , altre volte trovano giustificazione nei regolamenti interni delle stesse cooperative.

 

Ma nonostante tutte le agevolazioni concesse da contratti e normative alle cooperative troviamo spesso trattamenti al di fuori delle regole, evidentemente non c’è limite al peggio e dopo aver toccato il fondo (dei diritti) si continua a scavare.

 

Abbiamo pensato di utilizzare, per facilitare l’informazione e per evitare il più possibile il “sindacalese”, di produrre questo foglio di informazione utilizzando lo stile della domanda e della risposta, evitando riferimenti giurisprudenziali e normativi.

 

Una sola raccomandazione: le indicazioni sono generali e prima di fare qualsiasi azione sindacale o legale è bene approfondire, caso per caso, la situazione.

 

Non vogliamo fare informazione fine a se stessa, ma la conoscenza dei diritti e dei meccanismi è la base di partenza per una vertenza collettiva per il rispetto degli interessi e della dignità delle lavoratrici e lavoratori del settore.

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     Ogni mattina devo recarmi presso vari utenti a domicilio e vengo retribuita solo per il lavoro svolto mentre il tempo impiegato tra una casa e un’altra mi viene pagato con una percentuale fissa. E’ regolare?

 

L’uso della percentuale, definita dalla coop, con o senza accordi sindacali, non è regolare: il tempo tra una casa e l’altra è tempo di lavoro e come tale deve essere retribuito. Per il lavoratore o la lavoratrice deve esserci la retribuzione dal momento in cui inizia il primo servizio a domicilio, fino al termine dell’ultimo intervento. L’orario di lavoro è il periodo nel quale il lavoratore è a disposizione della coop, quando il tempo non è più suo, quindi che ci sia la effettiva prestazione diretta è secondario (altro es. il tempo di indossare gli abiti da lavoro, se richiesti, è tempo di lavoro).

     Svolgo degli interventi individuali presso istituti scolastici. Capita, sempre più spesso, che alcuni interventi saltano per l’assenza dalla scuola dell’utente oppure che mi ritrovo con dei buchi tra una lezione e un’altra. La cooperativa mi paga solo le ore di intervento con l’utente, mentre in caso di buchi o di assenza del ragazzo niente paga. E’ possibile?

 

Quando si è assunti regolarmente da una cooperativa, si firma un contratto di lavoro che vincola te a prestare un certo numero di ore alla settimana ma vincola la cooperativa a garantirti quelle ore e il loro pagamento. I buchi nella giornata non possono essere un “rischio” della lavoratrice o del lavoratore ma devono essere, invece, un “rischio di impresa” (e le coop sono delle imprese). Spetta, quindi, alla cooperativa preoccuparsi di organizzare il lavoro in maniera tale da garantirti comunque lo svolgimento delle tue ore settimanali e se non riesce in questo, è tenuta comunque a pagare le tue ore anche se non vengono lavorate. Basti pensare che la parola “lavorare” non significa solo e semplicemente essere a contatto con l’utente ma, come sai, contempla anche altre attività: progettazione, formazione, verifica, etc…

 

     Nella programmazione dei turni mi hanno inserito delle pause di mezz’ora o di un’ora. E’ regolare questo?

L’organizzazione dei turni è un classico potere delle direzioni aziendali, ma ci sono dei limiti di legge e di correttezza: se la pausa coincide con i pasti potrebbe essere regolare, ma se risponde solamente ad un buco “organizzativo” della cooperativa allora non è regolare. Non si possono considerare vere pause quelle che non consentono effettivamente al lavoratore di essere “libero” dal lavoro (es. mezz’ora può bastare per un pasto veloce) ma se le interruzioni sono ripetute e ad orari e con durate non realmente utilizzabili (es. non riesci ad allontanarti veramente dal luogo di lavoro, non puoi ritornare a casa o altro) allora sono contestabili e devono essere eliminate o retribuite.

 

     Sono una operatrice di una residenza. I miei turni di lavoro cambiano sempre e a volte con un preavviso di pochi giorni. Per questo non riesco a organizzarmi per i miei impegni privati e per seguire un corso di lingue al quale sono iscritta. Possono farlo?

 

Il tempo di lavoro non deve invadere l’intera vita della persona perciò la programmazione dei turni e degli orari di lavoro deve essere di norma regolare. Di norma significa che ci possono essere eccezioni ed emergenze che però non possono essere la regola. Si ha diritto, quindi, a turni ben stabili con una rotazione tra fasce di lavoro prevedibili nel tempo (es. mattina, pomeriggio, notte, riposo e giornata libera). In questa maniera chiunque può prevedere, calendario alla mano, il proprio turno di lavoro dei mesi successivi.

 

     Sono stato assunto in un centro diurno per sostituire gli altri operatori assenti per ferie o per malattia. La coop mi chiama spesso al mio cellulare, anche con poche ore di preavviso, per assegnarmi turni, spesso diversi, in base alle esigenze di copertura del servizio. Sono condannato a questo tipo di vita?

 

Molti lavoratori, chiamati solitamente “jolly” o“sostituti”, subiscono questo tipo di organizzazione molto diffusa nelle coop. ma si tratta, di fatto, di un contratto “a chiamata”, introdotto ufficialmente dalla Legge 30/2003 ma che le coop. praticano da sempre fuori dalla legge. La prima cosa da sapere è che il lavoro a chiamata non è una forma contrattuale prevista dal CCNL di lavoro; la seconda è che il lavoro a chiamata prevede delle indennità e delle regole che non troviamo nel lavoro di sostituzione; la terza è che la disponibilità ad essere rintracciabili per prendere servizio fuori dai propri turni deve prevedere l’applicazione di una indennità (per i periodi di disponibilità telefonica e di presa di servizio) e un tetto massimo di giornate (reperibilità). Di fatto è  un periodo in cui si viene spremuti, se possibile anche più degli altri, con il miraggio di vedere, prima o poi, riconosciuto un diritto di precedenza ad un turno fisso e regolare. Ma è un fidarsi. Resta il fatto che è una condizione totalmente irregolare anche se diffusissima.

 

     Da qualche mese ho ottenuto la mobilità presso una residenza psichiatrica. Con mia sorpresa mi hanno comunicato che le ore notturne non mi saranno pagate perché di solito l’utenza dorme tranquillamente. Mi sembra un assurdo visto che non sono a casa mia o in giro con i miei amici.

 

Il CCNL  prevede una forma di “reperibilità con residenza in struttura” e troviamo cooperative che in maniera molto disinvolta e con la compiacenza dei sindacati firmatari del CCNL, utilizzano questa norma per non pagare le ore di lavoro notturno riconoscendo una indennità fissa mensile. Bisogna sapere, però,  che la norma contrattuale è una sorta di deroga al principio generale del pagamento delle ore normali (immaginiamo il caso di un operatore che viva in una comunità rurale come una sorta di inquilino custode). Infatti per applicare la norma dell’indennità fissa, bisogna avere un accordo con i sindacati che autorizzi, servizio per servizio e non genericamente una tipologia di servizi, l’utilizzo di questo trattamento contrattuale. Se la coop. è stata autorizzata sapete con chi prendervela.

 

     Ho un contratto di 36 ore settimanali quindi part-time visto che il tempo pieno è di 38 ore. Il problema è che non sempre i miei turni settimanali coprono tutte le ore del contratto e la cooperativa mi segna le ore non lavorate come ore da recuperare o non pagate. Funziona così?

Si intrecciamo diversi problemi: affrontiamone i principali. Intanto, come detto sopra, le ore da contratto di assunzione devono essere pagate e se l’organizzazione dei turni non copre il monte ore, il problema non deve essere solo tuo. Non esiste, infatti, contrattualmente un “recupero negativo” ma è solo una pratica diffusa delle cooperative. Il contratto nazionale prevede, in realtà, solo il recupero positivo delle ore lavorate in più oltre l’orario di lavoro (es. lavoro di meno questa settimana perché sto recuperando le ore in più fatte la scorsa settimana).

 

     Sono assunto come part-time a 30 ore ma da sempre ne lavoro 36 e le ore lavorate in più mi vengono pagate con una maggiorazione. Mi conviene rimanere part-time a 30 ore o chiedere l’aumento dell’orario di lavoro a 36?

 

Meglio chiedere il riconoscimento dell’orario a 36 ore perchè la maggiorazione che prendi per le ore fatte oltre il tuo contratto non sono propriamente una maggiorazione come per il lavoro straordinario ma sono una indennità che serve solo per far “sparire” le ore fatte in più dai calcoli sulle tutte le altre voci contrattuali e di legge. E’ una specie di condono: ti pagano subito il 27% in più per non far pesare quelle ore in nessun altra voce (malattia, 13°, ERT, TFR ecc…).

 

     Sempre più spesso, dicendomi che ci sono troppe persone in turno, mi obbligano a prendere due, tre ma anche una sola giornata di ferie senza però concordarle con me. Possono obbligarmi e scegliere solamente loro i giorni?

 

L’organizzazione delle ferie dovrebbe essere argomento di contrattazione sindacale. In pratica le ferie sono “obbligate” se il tuo servizio chiude; negli altri casi i periodi sono frutto di accordi tra coop. e lavoratori (la regola è che metà ferie le sceglie “di più” la coop e l’altra metà le sceglie “di più” il lavoratore). Il dubbio da te sollevato è invece diverso: le ferie sono un periodo irrinunciabile di recupero psico-fisico. Prenderne due, tre o un solo giorno non rispetta (come quantità di giornate libere) il senso fondamentale delle ferie. Il periodo delle ferie deve essere abbastanza lungo per recuperare energie (dieci, quindici giorni almeno). Spezzare le ferie in piccoli periodi è un danno (biologico è il termine esatto) per il lavoratore e non è permesso.

 

Alle lavoratrici e lavoratori

soci e dipendenti delle cooperative sociali e associazioni no profit

Lavorare in una cooperativa sociale o in una associazione socio-sanitaria-educativa-assistenziale è ogni giorno sempre più difficile, pesante e faticoso, mentre si continua ad essere sottopagati, e sempre più flessibili e precari: le cooperative, pur continuando a richiamarsi ai principi del movimento cooperativo, propongono condizioni di lavoro che prevedono flessibilità assoluta, reperibilità selvaggia, salari bassi, pochi diritti e tante clausole ricattatorie.

Le A.S.L. ed i Comuni, con le loro “esigenze di bilancio”, con le gare di appalto, le convenzioni e gli accreditamenti hanno l’obiettivo di ridurre ulteriormente i costi del lavoro e di conseguenza il salario e i diritti dei lavoratori tramite l’intermediazione delle cooperative e associazioni che ottengono la gestione dei servizi pubblici.

Questo Governo, come e anche più dei precedenti, non da risposte concrete alle lavoratrici ed ai lavoratori impiegati, in maniera precaria e ricattabile, nei tanti servizi gestiti in appalti e in convenzione nei servizi socio-sanitari, negando la realtà del lavoro e esaltando astrattamente il ruolo del no profit.

CGIL-CISL-UIL gettano fumo negli occhi con accordi bidone e trattative tartaruga sul rinnovo dei contratti che non potranno mai cambiare la situazione di estrema incertezza di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Occorre uno scatto di dignità ed un rifiuto organizzato e generalizzato di questa situazione diventata oramai insostenibile per

      contro i contratti bidone per equiparazione dei trattamenti economici e normativi con i contratti di pubblico impiego

      eliminazione dei contratti precari introdotti con il pacchetto Treu, la Legge 30/2003, e Legge 142/2001 sui soci lavoratori, clausole di salvaguardia per part-time e tempi determinati

      sanatoria per i contributi pensionistici versati in maniera ridotta a causa dei regimi di salario medio convenzionale, riconoscimento pieno del lavoro usurante

      riconoscimento del lavoro svolto in regime di appalto come titolo per l'assunzione riservata nella pubblica amministrazione, con reinternalizzazione dei servizi e dei lavoratori

 

Tutte le mobilitazioni e le iniziative di lotta che hanno caratterizzato quest’ultimo periodo fino allo sciopero nazionale 9 novembre 2007, che ha visto l’adesione di un elevatissimo numero di lavoratrici e di lavoratori delle cooperative ed associazioni, sono segni della crescita del consenso intorno alle proposte della nostra Organizzazione Sindacale RdB/CUB

 

TRASFORMIAMO QUESTO CONSENSO IN ORGANIZZAZIONE PER SOSTENERE E DARE FORZA ALLE NOSTRE PROPOSTE!

Per questo chiediamo a tutti coloro che condividono il nostro progetto, che partecipano alle nostre iniziative, che condividono l’idea di un sindacato indipendente, conflittuale e non concertativo, che chiedono al sindacato di avere come unici punti di riferimento i diritti e la dignità dei lavoratori, di far diventare questo consenso in organizzazione, attraverso l’adesione alla RdB/CUB