E POI? GLI EDUCATORI SENZA TITOLO.

Nazionale -

La discussione proposta nell'articolo di Vita.it (leggi qui) può vederci concordi sul richiamo a convocare il famoso “tavolo tecnico” per l’istituzione della figura unica dell’educatore; una proposta alla quale come USB abbiamo già aderito in sede di Commissione Istruzione del Senato, ma che finora non ha trovato seguito: andare a toccare gli interessi di chi costruisce posizioni di rendita sulla pelle degli educatori in questo momento storico, tra gestione degli albi-elenchi speciali e compravendita delle indulgenze con i 60 CFU, richiederebbe coraggio, e di coraggiosi in giro non ne vediamo.
MA SU UNA COSA BISOGNA ESSERE CHIARI.
L’impostazione di matrice liberal-meritocratica di chi ritiene che la condizione degli “educatori senza titolo” sia, a mo’ di colpa, la causa di condizioni di ricattabilità contrattuale, inquadramenti svantaggiosi ed esposizione al burn out, è l’impostazione di chi non conosce l’argomento di cui parla.
La precarietà del lavoro, del lavoro nel Terzo Settore ed in particolare nei servizi di welfare poco o nulla ha a che fare con l’attualità della discussione del riconoscimento e della sistematizzazione dell’ambito professionale in cui opera l’educatore.
È piuttosto l’effetto sciagurato di una scelta politica, che ha precisi mandanti e attuatori politici e sindacali, che ha visto il welfare messo in balia degli istinti predatori di chi ha privatizzato tutto il privatizzabile negli ultimi vent'anni, esternalizzando e mettendo “a gara” i servizi ed i suoi lavoratori, in una assunzione folle e, questa sì, ideologica, del “privato è bello” e del “massimo ribasso”, le cui responsabilità sono equamente distribuite tra le amministrazioni locali orientate al disimpegno dalla spesa pubblica, le cooperative sociali che hanno fatto delle economie di scala l’opportunità di uscire dalla dimensione orizzontale del lavoro per abbracciare il modello verticale dell’”impresa sociale”, e i sindacati confederali che in una lunga sistematizzazione dello strumento-di-gestione che sono i vari CCNL del Terzo Settore, hanno concesso sull'altare della competitività dell’impresa sociale salari, diritti, inquadramenti, e lo stesso valore della professionalità alla quale oggi andiamo tutti dicendo di voler restituire dignità.
Ripetiamo: la storicizzazione della figura dell’educatore senza titolo nei servizi è avvenuta perché questa possibilità era una condizione determinata storicamente (l’avvio dei vari corsi di laurea, snt-2 o Classe 18/L19, è avvenuta negli anni a macchia di leopardo) ed economicamente (prendere a lavorare scienziati sociali, psicologi, umanisti, inquadrandoli come educatori senza titolo era garanzia di aderenza alla mission sociale e occasione di risparmio per le coop).
Questi lavoratori hanno creato, sostenuto e sviluppato i servizi, mentre intorno gli si stringeva il cappio della precarietà lavorativa ed economica.
L’atteggiamento intellettualistico e resiliente, di chi accetta col mugugno di doversi iscrivere ad un albo che, diciamocelo, nessun educatore vuole e ritiene di qualsivoglia utilità, ma che pretende di contro che sia il pezzo di carta dei 60CFU a certificare la competenza, il diritto ad occupare la posizione che ci si è costruiti nei luoghi molto reali in cui lavoriamo, in uno scenario di macerie generate da bombe cadute dall'alto di un intervento politico scomposto, ci restituisce l’immagine della disgregazione della solidarietà tra lavoratori (la Classe, si sarebbe detto una volta) tanto perseguita dai padroni, e della sostituzione del riconoscimento reciproco nella condizione di lavoratori (più o meno sfruttati, più o meno felici di esserlo) con quello dato dalla categoria della "professionalità"; e poco importa che questa sia sfruttata, malpagata, vessata al pari o più di altre.
Il trionfo dell'individualismo.
I penultimi che se la prendono con gli ultimi, in un 'salvinismo' di ritorno che infetta, ormai, anche quei settori della società che per antonomasia avrebbero dovuto produrre gli anticorpi a questa infezione.
Il punto zero è il punto zero. Significa tutela (dove tutela significa non mettere le mani in tasca ai lavoratori che guadagnano 7-800 euro al mese) e salvaguardia dei posti di lavoro per tutti.
Allo stato attuale tutele e salvaguardie non ce ne sono, non per tutti. E il rischio che corriamo al prossimo cambio d’appalto in cui qualche sventurato “senza titolo” perderà il posto di lavoro, è che a qualcuno venga da pensare: “in fondo se l’è cercata”.

Vi ricorda qualcosa?

 

 

USB Lavoro Privato - Coop Sociali e Terzo Settore